Pubblicato su L'Idea n.64, 1997, NY


Aveva già percorso molti chilometri, o forse no. Il sole era implacabile, così diverso da quello della sua infanzia che lo avvolgeva nei suoi tiepidi raggi protettivi, dandogli una immensa, inimitabile sensazione di benessere. Il sudore avrebbe dovuto aiutarlo nel contenere l’enorme calore che pervadeva ogni sua fibra, ma a lui pareva che fosse solo una tortura: difatti, rivoli abbondanti s’insinuavano nei più intimi anfratti del suo corpo, causandogli notevole fastidio. A tratti si ritrovava a correre con gli occhi chiusi per evitare che il sudore li penetrasse, rinnovando l’estremo bruciore.
Il vento, anziché portargli refrigerio, lo irritava ancor più, accanendosi ad infrangere minuscoli oggetti di indecifrabile natura sul suo volto. Ecco che all’improvviso sembrava che calasse, riportando quell’insolito martellare alle tempie, per poi tornare ancor più penetrante e rubare l’ultima goccia di saliva dalle sue labbra ormai arse dal sole.
I piedi gli dolevano, ma davano la sensazione di avere ottenuto una propria autonomia di movimento. C’era in essi una perseveranza nel seguire l’ordine originale di questo suo tormentato cervello che andava ben oltre ogni aspettativa. Sentiva, o almeno gli pareva di sentire, una sempre più marcata assenza di contatto tra le proprie estremità ed il resto del corpo. Non sarebbe riuscito a definire precisamente quella sensazione di distacco senza ricorrere ad analogie astruse. L’uomo sulla luna, con la sua assenza di gravità, era la prima immagine che gli venne in mente, ma ben presto ad essa si accavallarono immagini confuse di profondità marine, tuffi esplosioni ed alfine il ricordo del proprio cane che lo rincorreva e gli mordicchiava le stringhe delle scarpe. La mano si spinse istintivamente verso il cane e l’immagine svanì. Ma rimase la sensazione delle scarpe slacciate. Non aveva il coraggio di guardare i propri piedi che riuscivano ad inviare questo messaggio confuso al resto del corpo. Come poteva non avvertire più la loro presenza ed allo stesso tempo sentire la stringa battere inesorabilmente contro essi?
Nella confusione dei sensi gli parve inoltre che un dolore lancinante ai polmoni gli avesse precluso qualsiasi capacità di respirare e che nell’impeto della corsa il corpo riuscisse a funzionare in completa apnea. Ma si sbagliava. Il fiato aveva trovato anch’esso un suo ritmo e non rispondeva più né ai suoi tentativi di controllo né ai ripetuti spasmi bronchiali.
Il brusio che egli aveva udito finora si era alzato di tono e di volume al medesimo istante. Paura panico terrore. Il piede destro aveva ripreso ad inviare messaggi circa la presenza di un paio di stringhe, quasi a conferma della propria esistenza. Il brusio aumentò notevolmente fino a diventare un rombo.
Il sudore gli fece strizzare gli occhi una volta di più. Alla loro riapertura vide tanta gente che gli veniva incontro gridando. Non capiva cosa dicessero, ma adesso era sicuro di una cosa, una cosa soltanto: aveva vinto!
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